Cosa succede quando un imputato non è in grado di partecipare consapevolmente al processo? E se, nonostante ciò, viene comunque condannato? La Cassazione ci offre un caso emblematico che, oltre a sollevare interrogativi giuridici, fa riflettere sul senso stesso della giustizia.
Il protagonista della vicenda è Ca.Gi., un cittadino sottoposto a foglio di via obbligatorio che, nonostante il divieto, viene pizzicato a passeggiare serenamente per le strade del Comune da cui avrebbe dovuto stare lontano. Il Tribunale di Pordenone lo condanna a 20 giorni di arresto. Tutto normale, penserete. Ma c’è un dettaglio.
Durante il processo d’appello, salta fuori che Ca.Gi. è affetto da una grave forma di etilismo cronico con decadimento cognitivo. Talmente grave che, poche ore prima dell’udienza, viene dichiarato incapace e gli viene assegnato un amministratore di sostegno (che nel frattempo diventa anche tutore). Tuttavia, nessuno ha pensato di avvisare quest’ultimo dell’udienza. Un piccolo “dettaglio” che pesa come un macigno.
La Suprema Corte, con la sentenza n. 24928 del 2025, annulla la condanna. Perché, come stabilito dalla stessa Cassazione e ribadito dalla Corte Costituzionale, quando un imputato è sottoposto ad amministrazione di sostegno e le sue condizioni mentali compromettono in modo evidente la partecipazione al processo, le notifiche vanno fatte anche all’amministratore.
Qui non è stato fatto. E non si tratta di una dimenticanza da poco: è una nullità assoluta.
Non serve essere giuristi per capire l’assurdità: un processo è andato avanti contro una persona che, per la legge, non poteva nemmeno comprendere cosa stava succedendo.
Avete presente giocare a scacchi con qualcuno che non sa neanche cosa sia una scacchiera?
Questa sentenza ci ricorda che la giustizia non è (o non dovrebbe essere) un ingranaggio cieco che macina tutto, ma un meccanismo che ha senso solo se è accessibile e comprensibile anche ai più fragili.
Certo andrebbe sepre letto il decreto prima di di dire cosa può e non può fare l’amministratore di sostegno. L’amministrazione di sotegno non è un’interdizione per fortuna!
La legge c’è, ma serve anche attenzione, empatia e quel pizzico di umanità che spesso nei tribunali rischia di restare fuori dalla porta.
Come dimostra questo caso, non è mai troppo tardi per rimettere le cose al loro posto.