Privacy dei defunti e diritti degli eredi: la Cassazione “apre” i fascicoli.

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“Il morto è morto, ma la privacy resta viva?”

Domanda intrigante, vero? E soprattutto, risposta non così scontata come si potrebbe pensare. La vicenda affrontata dalla Cassazione (Sez. I, sentenza n. 18563 dell’8 luglio 2025) parte da una storia familiare comune, ma si trasforma in un caso giuridico che tocca temi caldissimi: privacy, diritti degli eredi, controllo sull’amministrazione di sostegno.

Il caso: due figlie, un padre defunto e un fascicolo blindato

Due sorelle, giovanissime, perdono il padre che negli ultimi anni era stato sottoposto ad amministrazione di sostegno con un avvocato come amministratore. Dopo la sua morte, le figlie vogliono accedere all’intero fascicolo della misura di protezione: non solo ai rendiconti economici, ma a tutti gli atti. Perché?

  • Per capire se accettare o meno l’eredità (non sia mai che insieme all’argenteria arrivino debiti stellari).

  • Per verificare come è stato gestito il padre, sia economicamente che sul piano sanitario.

  • E, diciamolo, per sapere cosa è successo negli ultimi giorni di vita, visto che emergono ricoveri in cliniche private e qualche domanda scomoda.

Il Giudice tutelare, però, chiude la porta: “Vi bastano i rendiconti”. Il Tribunale conferma: “Gli altri documenti? Roba da sindacato ispettivo, e voi eredi non avete titolo”. Tradotto: il passato è passato, fatevene una ragione.

Le figlie non ci stanno e arrivano in Cassazione.

La questione di fondo: esiste un diritto degli eredi alla trasparenza post mortem?

I giudici di merito si erano aggrappati a due convinzioni:

  1. La privacy non vale dopo la morte.

  2. L’operato dell’amministratore di sostegno è insindacabile a posteriori.

Peccato che la Cassazione ribalti tutto con argomentazioni che meritano applausi (e qualche riflessione):

  • Il diritto alla privacy si estingue con la morte, ma… il nostro ordinamento riconosce una dimensione sociale e familiare dell’identità personale. Tradotto: i figli hanno un interesse legittimo a sapere come è stata gestita la vita (e la dignità) del loro genitore.

  • Il Codice Privacy (art. 2-terdecies) dice chiaramente che, in assenza di un divieto scritto dal defunto, i familiari possono accedere ai dati per interessi propri o per ragioni familiari meritevoli di tutela.

  • Inoltre, i chiamati all’eredità hanno poteri di vigilanza e conservazione (art. 460 c.c.): come fanno a esercitarli se non possono vedere nulla?

  • E ancora: l’amministratore di sostegno non è un monarca assoluto. Le sue scelte possono essere sindacate dagli eredi, anche a distanza di tempo, con azioni specifiche (impugnazione dei rendiconti, responsabilità, ecc.).

Il colpo di scena giuridico

La Cassazione mette fine ai dubbi anche se qualcuno riteneva che il principio fosse già pacifico:

  • Il provvedimento che nega l’accesso è decisorio e quindi impugnabile (altro che “non ricorribile” come pensava il PG).

  • Le figlie hanno diritto ad accedere all’intero fascicolo, comprese le decisioni e la gestione operativa.

E così, cassazione con decisione nel merito: aprite quel fascicolo.

Perché questa sentenza è importante

Perché mette in chiaro alcuni punti cruciali:

  • La privacy post mortem non è un dogma: c’è un bilanciamento con i diritti dei familiari.

  • Gli eredi non sono spettatori, ma hanno diritto di vigilare e agire post mortem.

  • Gli amministratori di sostegno devono sapere che, anche dopo la chiusura della procedura, la loro gestione può essere controllata non più soltanto dal Tribunale.

E per te, lettore?

Se sei chiamato a un’eredità e ti negano l’accesso a documenti importanti, non fermarti al primo “no”. Potresti avere più diritti di quanto credi.

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