
Il Tribunale di Udine (decreto collegiale 31 luglio 2025) ha vietato temporaneamente al beneficiario di recarsi negli Stati Uniti, ma ha negato il “controllo” del cellulare e delle app di incontri: misura quest’ultima ritenuta sproporzionata e, in concreto, inefficace.
La scelta nasce da fatti molto specifici: una patologia psichiatrica con impulsi sessuali discontrollati, una dipendenza dalle app di incontri e tentativi di manipolazione familiare. Le limitazioni sono legittime solo se cucite su misura, motivate e temporalmente/territorialmente circoscritte, nel solco di artt. 404–411 c.c. e CEDU/Protocollo n. 4.
Il decreto collegiale del Tribunale di Udine del 31/07/2025 accoglie parzialmente il reclamo dell’amministratore di sostegno: niente sequestro documenti, niente “parental control” giudiziario sullo smartphone; sì, invece, a un divieto mirato di espatrio verso gli USA sino al 31/12/2025, con autorizzazione all’AdS per l’attuazione pratica. La ratio? Garantire continuità terapeutica e prevenire condizionamenti esterni, senza invadere inutilmente la sfera identitaria e relazionale del beneficiario.
Qui non parliamo di cattive o buone compagnie in generale, ma di effetti sintomatici della patologia. Dagli atti emerge un quadro clinico articolato: disturbo borderline di personalità con tratti antisociali/psicotici e episodi di crisi paranoidea. Nelle fasi di acuzie, la spinta alla promiscuità sessuale e la ricerca compulsiva di partner diventano modalità di regolazione emotiva; le app di incontri, per la loro struttura (immediatezza, anonimato, disponibilità continua di contatti), funzionano come acceleratore di quei comportamenti, fino a configurare una vera dipendenza. Il risultato: prostituzione, rapporti occasionali anche con minorenni, infezioni e ulteriore disorganizzazione della vita quotidiana, con interruzione della terapia e aggressività. In breve: qui le app non sono “un vizio”, ma benzina sulla patologia.
Proprio perché l’uso delle app è espressione (e non semplice scelta neutra) del disturbo, l’istinto potrebbe essere: “blocchiamole per decreto”. Il Collegio, però, spiega perché sarebbe sproporzionato e inefficace: inciderebbe sulle scelte di identità sessuale e sarebbe facilmente eludibile (si può cercare sesso senza telefono). Meglio lavorare su presa in carico reale (SERT/psichiatria), moral suasion e rete sociale (scuola, lavoro), evitando di trasformare l’AdS in un “censore tecnologico”.
Perché proprio gli Stati Uniti? Perché la proposta di viaggio nasce da una manipolazione familiare (la zia che spinge a raggiungere il padre clandestino negli USA), in un momento di equilibrio psichico ancora precario e con necessità di terapia continuativa. Il Collegio collega fattori clinici e sociali e sceglie una misura chirurgica: solo USA, solo fino al 31/12/2025, con obbligo per l’AdS di spiegarne le ragioni e accompagnare il beneficiario in una valutazione ponderata rischi/benefici. È il “taglio sartoriale” richiesto dall’istituto.
L’amministrazione di sostegno (art. 404 c.c.) serve a tutelare chi, per infermità o menomazione, non riesce anche temporaneamente a provvedere ai propri interessi. L’AdS deve tenere conto di bisogni e aspirazioni del beneficiario (art. 410 c.c.), mentre le limitazioni “forti” si possono introdurre solo se e nella misura strettamente necessaria (art. 411 c.c.). Contro i decreti del GT c’è reclamo ex art. 739 c.p.c. davanti al Tribunale in camera di consiglio.
A livello sovranazionale, CEDU art. 8 (vita privata) e Protocollo n. 4, art. 2 (libertà di circolazione) ammettono restrizioni previste dalla legge e necessarie in una società democratica: dunque motivate, mirate, proporzionate e rivedibili. La Guida ECHR-KS su art. 2 Prot. 4 e la sentenza Calvi e C.G. c. Italia (06/07/2023) vanno nella stessa direzione: attenzione a non trasformare le misure di protezione in isolamento o controllo generalizzato.
La giurisprudenza di legittimità ribadisce che la misura va adattata e variata nel tempo in funzione della persona, con il minor sacrificio della sua autodeterminazione (tra le altre: Cass. 6553/2025; Cass. 24251/2024; Cass. 32321/2022). Nel decreto di Udine questi principi sono citati espressamente per sostenere la scelta “a raggio corto” (USA/tempo determinato) e il no ai filtri sul telefono.
Partire dalla clinica, non dal pregiudizio: se l’uso delle app è manifestazione della patologia, la risposta non può essere solo tecnica (ban) ma terapeutica e sociale (agganci, routine, scuola/lavoro).
Limitazioni mirate battono divieti generici: qui funziona il “no USA” fino a una data certa, perché risponde a uno scopo concreto (evitare manipolazioni, garantire terapia).
Spiegare e accompagnare: l’AdS non è un carceriere; deve spiegare la misura e supportare scelte più sicure (moral suasion).
Il giudice può vietare “tutti” i viaggi all’estero?
Solo se necessario e motivato. È preferibile circoscrivere per luogo e tempo, come nel caso USA/31.12.2025.
Si possono bloccare le app di incontri?
Nel caso concreto, no: misura invasiva e non necessaria; meglio presa in carico e strategie alternative.
Qual è la base legale?
Artt. 404–411 c.c. e 739 c.p.c.; più CEDU art. 8 e Protocollo n. 4 art. 2 sulla libertà di circolazione.
avv. Matteo Morgia