L’amministratore di sostegno e i conti da saldare dopo la morte

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Quando il beneficiario dell’amministrazione di sostegno muore, l’amministratore cessa dalle funzioni. La legge appare chiara: Mors omnia solvit, la morte scioglie tutto. Ma la vita reale non conosce silenzi normativi e presenta invece domande pratiche: L’amministratore di sostegno paga il funerale e i debiti? Chi salda la badante? E se l’amministratore usa i soldi del defunto, rischia che un erede gli chieda indietro tutto?

La cessazione dei poteri dell’AdS

Con il decesso, l’amministratore di sostegno perde automaticamente ogni potere di gestione. Il Codice Civile (artt. 385 e 411) prevede che egli consegni i beni e presenti il rendiconto finale. Nessuna norma gli attribuisce il potere di compiere atti post mortem, come il pagamento di debiti o spese. Qui nasce il corto circuito tra diritto scritto e necessità pratica.

Le spese funerarie: crediti privilegiati

Il funerale non è solo un atto di pietà, ma anche un credito giuridicamente riconosciuto. L’art. 2751, n. 1, c.c. stabilisce che le spese funebri necessarie secondo gli usi hanno privilegio generale sui beni mobili. In parole semplici: tra i debiti dell’eredità, il funerale è in prima fila, prima dei creditori ordinari.

La giurisprudenza ha persino chiarito che il pagamento delle spese funerarie da parte di un familiare non è un atto di accettazione tacita dell’eredità, ma un dovere morale e sociale. Persino i giudici, dunque, riconoscono che i fiori e la sepoltura non possono attendere la burocrazia.

Stipendi e contributi della badante: un altro credito privilegiato

Lo stesso vale per gli stipendi non pagati, il TFR e i contributi della badante. Nonostante l’art. 2751 c.c. non li citi espressamente, interviene l’art. 2751-bis c.c., che riconosce privilegio generale sui mobili ai crediti di lavoro. La Costituzione (artt. 35 e 36) tutela il lavoratore e la sua retribuzione: il legislatore non poteva che riservare una corsia preferenziale anche a questi crediti.

La banca con ipoteca: chi vince?

La questione cambia se c’è una banca con ipoteca su un immobile ereditario. In questo caso, il creditore ipotecario ha un diritto di prelazione speciale, cioè legato al bene ipotecato. Tradotto: la banca viene soddisfatta sul ricavato della vendita dell’immobile, prima di ogni altro. Ma sugli altri beni mobili dell’eredità (denaro, arredi, ecc.) prevalgono invece i creditori con privilegio generale, come funerale e badante. Quindi: prima la banca sull’immobile, ma sui contanti e i beni mobili la precedenza resta alle spese funerarie e ai crediti di lavoro.

Il rischio di ripetizione: più teorico che reale

Ed eccoci al cuore del dilemma. Se l’AdS paga dal conto del defunto le spese funerarie o la badante, rischia che un erede gli chieda la restituzione? In teoria sì. In pratica, è altamente improbabile. Perché ha pagato debiti che sono obbligatori e privilegiati. Quindi, ciò che ha fatto l’AdS è esattamente ciò che avrebbero dovuto fare un curatore dell’eredità giacente o gli eredi stessi.

Il nostro ordinamento conosce due appigli teorici che rafforzano questa tesi:

  • Negotiorum gestio (art. 2028 c.c.): chi gestisce affari altrui senza obbligo, ma nell’interesse del titolare, ha diritto al rimborso. L’AdS, pur privo di poteri, agisce per utilità dell’eredità.
  • Actio funeraria: già i romani riconoscevano il diritto di chi sostiene le spese del funerale di rivalersi sull’eredità. Un principio antico, che sopravvive ancora oggi nella logica dei crediti ereditari.

Un erede che volesse la restituzione si troverebbe di fronte a un paradosso: pretendere indietro denaro usato per pagare un funerale o lo stipendio di una badante che lui stesso sarebbe tenuto a saldare. Un’azione destinata a fallire.

Conclusioni: tra legge e buon senso

Alla morte del beneficiario, i poteri dell’amministratore di sostegno cessano. Eppure, i debiti restano, e hanno un ordine di pagamento preciso: prima i crediti ipotecari sull’immobile, poi – con i beni mobili – funerale e lavoro. L’AdS che interviene in questa zona grigia, prima che la Banca blocchi i conti, non agisce da fuorilegge, ma da buon senso giuridico: paga ciò che deve essere pagato, senza danneggiare l’eredità.

Chiaramente se non può chiedere una preventiva autorizzazione al Giudice Tutelare (visti i tempi stretti) dovrà chiedere la ratifica dell’atto compiuto alla presentazione del rendiconto finale.

Forse è tempo che il legislatore chiarisca questi punti, evitando che chi si trova in un ruolo delicato come l’AdS debba improvvisarsi giocoliere tra norme e necessità. Nel frattempo, resta valida la lezione dei romani: mors omnia solvit, ma i conti per il funerale e per la badante – quelli – vanno saldati, e prima degli altri.

Nota per il lettore: ogni caso ha le sue sfumature. Se sei un amministratore di sostegno alle prese con queste domande, meglio rivolgersi a un professionista. Il diritto, proprio come la vita, non si lascia mai ridurre a formule rigide.

avv. Matteo Morgia

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